Il seno è una delle parti del corpo di una donna che forse più è legato alla femminilità e, proprio per questo, ricopre un ruolo importante per quanto riguarda il sentirsi a proprio agio con l’aspetto fisico . Molte donne, infatti, ricorrono alla mastoplastica addittiva per regalarsi un décolleté come quello dei propri desideri grazie all’inserimento di protesi mammarie.

Tuttavia, le protesi mammarie, soprattutto quelle utilizzate anni fa, composte da gel semiliquido poco consistente, tendono a deteriorarsi con il passare degli anni. Ecco perché l’intervento di sostituzione delle protesi, chiamato anche mastoplastica secondaria, è molto richiesto.

Con il tempo, infatti, le protesi precedentemente posizionate possono deformarsi o addirittura rompersi causando dei cambiamenti estetici per quanto riguarda la forma ed il volume del seno, ma anche provocando fastidi, come tensioni e dolore.

L’intervento di sostituzione delle protesi può riguardare anche il riposizionamento dei tessuti, la correzione di difetti non sanati dal precedente intervento, ma viene richiesto, appunto, anche nel caso in cui si desidera modificare l’aspetto del seno, aumentando o diminuendo il volume.

In ogni caso, il consiglio di uno specialista esperto e competente, come Juri Tassinari, Chirurgo Plastico membro ISAPS (International Society of Aesthetic Plastic Surgery), è quello di sottoporsi all’intervento di sostituzione delle protesi solo se ci sono dei motivi di salute (rottura, spostamento o contrattura) oppure per motivi personali (richiesta di volume diverso).

Infatti, un chirurgo professionale e scrupoloso non autorizzerà un secondo intervento se non in presenza di una reale necessità.

Tra le motivazioni che spingono una donna a sottoporsi ad un intervento di sostituzione delle protesi sono diverse. Tra queste, come abbiamo accennato, oltre a motivi estetici, ci sono  anche alcune problematiche come la rottura della protesi e la contrattura capsulare.

Nel primo caso, la rottura delle protesi si potrebbe percepire al tatto, perché si avrà una una minor tensione della ghiandola e della protesi stessa, ma solo alcuni esami diagnostici strumentali, come l’ecografia o la risonanza magnetica nucleare possono confermare l’avvenuta rottura.

Attraverso la risonanza magnetica nucleare, poi, è possibile anche analizzare lo stato delle ghiandole e della capsula periprotesica. Quest’ultima, non è altro che una pellicola liscia di tessuto connettivo fibroso che si forma naturalmente attorno alla protesi isolandola dal resto del corpo.

La sua funzione è davvero importante perché mantiene stabile la protesi e protegge dalle infezioni. Tuttavia, anche se questa pellicola è assolutamente impercettibile dalla donna, può capitare che dopo anni si contragga provocando tensioni che stringono la protesi causando deformazioni al seno. Le cause della contrattura capsulare sono molteplici e non sempre collegate a patologie o problematiche di salute.

Nei casi di contrattura capsulare di lieve entità potranno bastare dei massaggi per ammorbidire la protesi ed allungare le fibre di collagene, mentre nei casi più importanti bisognerà ricorrere a interventi specifici tra cui la rimozione o la sostituzione della protesi.

Le protesi mammarie hanno utilizzate per la mastoplastica secondaria hanno solitamente una durata di circa 10 anni, ma non sempre devono essere sostituite dopo questo periodo di tempo. In caso di interventi di mastoplastica addittiva o di sostituzione delle protesi, è molto consigliato eseguire regolarmente controlli ecografici o mammografici utili per valutare lo stato delle protesi, ma anche a scopo di prevenzione oncologica.

Come per ogni intervento di chirurgia plastica ed estetica, anche in questo caso è necessario affidarsi a mani esperte. Se si vuole saperne di più su questo mondo, e sull’intervento di sostituzione delle protesi mammarie, si può seguire il dottor Juri Tassinari attraverso i suoi canali social (Facebook – Instagram – YouTube – LinkedIn Spotify).